Lamezia Terme – Terza “Giornata della Memoria Lametina delle vittime innocenti di ‘ndrangheta”. Una giornata particolare, densa di significati. Una giornata che nella prima parte ha avuto luogo in via Miraglia con la commemorazione dei due netturbini Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano uccisi il 24 maggio 1991. “Mantenere viva la memoria delle vittime di ‘ndrangheta e tramandarle alle nuove generazioni con l’invito di farne un impegno morale contro l’assuefazione ai sistemi criminali che tengono in pugno il nostro territorio e la Calabria tutta”. Questo il messaggio degli organizzatori in questa giornata segnata ancora dal dolore e dalla delusione per una verità che tarda ad arrivare a distanza di 33 anni. Presenti, i familiari delle vittime, il prefetto di Catanzaro, Enrico Ricci, il questore, Paolo Sirna, il presidente del Tribunale, Giovanni Garofalo, il sindaco, Paolo Mascaro, il procuratore della Repubblica, Salvatore Curcio, i vertici di tutte le forze dell’ordine, il vicario del vescovo don Tommaso Buccafurni. E soprattutto numerosi studenti di diversi Istituti cittadini. Saluti iniziali del presidente del Consiglio comunale di Lamezia, Giancarlo Nicotera che ha salutato i tanti ragazzi delle scuole che hanno presenziato con cartelli e striscioni dedicati alla legalità e contro la mafia. Nicotera ha ricordato tutte le vittime lametine per mano della ‘Ndrangheta.
A prendere la parola poi il prefetto Ricci che ha parlato di rispetto delle regole, rivolgendosi ai ragazzi. “Oggi – ha detto il prefetto – ricordiamo due lavoratori, due persone umili, che erano qua per lavorare, per portare a casa la pagnotta per la famiglia e sono rimasti anch’essi vittime della mafia, che dimostra una cosa. La lotta alla mafia non è qualcosa che riguarda soltanto le istituzioni, è qualcosa che riguarda tutti noi. Vedo che voi – rivolgendosi ai ragazzi – lo so bene, fate dei percorsi di legalità nelle vostre scuole. Questi manifesti che avete portato sono la testimonianza e ringrazio gli insegnanti di questa opera di sensibilizzazione che giornalmente fanno. Noi dobbiamo partire dall’idea che la lotta contro la criminalità organizzata è compito di tutti. Quindi allenatevi in questa lotta, come se fosse veramente un’attività sportiva. Ci dobbiamo impegnare ogni giorno, questo significa ogni giorno rispettare le regole, rispettare la legalità. Da qua parte il riscatto della vostra terra e voi dovete essere protagonisti di questo riscatto. Su di voi contiamo – ha concluso il prefetto – e voi potete contare su di noi, le istituzioni saranno sempre al vostro fianco. E questo credo che sia la testimonianza, il messaggio che deve partire da questa giornata. Grazie di cuore della vostra presenza”. Poi il saluto di Garofal: “sono stato colpito già all’epoca da questa triste vicenda e penso che il riscatto parta dalla base, da voi ragazzi”. Pregnante e significativo l’intervento del procuratore Curcio.
“Francesco e Pasquale – ha rimarcato – erano nel loro posto a fare il loro dovere di cittadini e di pubblici dipendenti. Questo deve essere chiaro. Non erano al posto sbagliato al momento sbagliato. Sono gli altri che erano nel posto e nel luogo sbagliati. Sono gli altri che devono essere allontanati e resi estrani al corpo sociale. Quindi la memoria ci serve ad aiutarci a migliorare, a migliorare questa nostra comunità, a capire che non servono superpoteri o supereroi, ma quello che occorre è una straordinaria ordinarietà, proprio quella di Pasquale Francesco che, come tanti cittadini di Lamezia, ogni mattina si recavano sul luogo di lavoro. È questo di cui abbiamo bisogno ragazzi. Ciascuno di noi – ha aggiunto Curcio – deve fare la sua parte per poter contribuire a migliorare non solo la nostra comunità ma l’intera nostra regione. Fermo restando che non ci può essere giustizia senza verità, perché verità e giustizia camminano a braccetto. E la verità, ricordatevi ragazzi, che è sempre una sola. Molti giuristi amano parlare di una verità processuale distinguendola dalla verità reale. No. La verità è una sola. Al più può cambiare il grado di approssimazione ad esse. Ma la verità rimane sempre unica. E allora – ha concluso Curcio – noi dobbiamo perseguire quotidianamente giustizia e verità perché solo attraverso di esse saremo veramente e unicamente negli uomini liberi”.
Successivamente la toccante “esibizione” della giovane Francesca Cristiano, nipote di entrambi i due netturbini assassinati che ha interpretato un suo brano inedito scritto dal cantautore romano, Alessio Caterini dal titolo “22 volte”, ovvero quanti i colpi sparati quella tragica mattina di 33 anni fa. Quindi, un duro messaggio di una delle ragazze in rappresentanza di Trame, che ha messo in risalto quanto purtroppo sia ancora invasiva nel tessuto lametino la mafia. Altri interventi, sono stati quello del questore Sirna che ha ringraziato gli studenti per la loro presenza, del sindaco Mascaro ha parlato di “brividi che ancora si sentono”. Ma allo stesso tempo ha evidenziato che “la Lamezia dell’omertà non esiste più. La città ha saputo reagire e quella Lamezia di quegli anni non esiste più”. Hanno preso la parola anche la consigliera regionale e vicepresidente della commissione anti-Ndrangheta, Amalia Bruno e il deputato, Domenico Furgiuele.
Altro intervento toccante ed emblematico quello di Francesco Cristiano, fratello di Pasquale. “Ringrazio quanti ogni anno si ritrovano qui con noi nel ricordo dei nostri familiari e delle altre vittime della criminalità organizzata, ringrazio in particolare l’Associazione antiracket e la Fondazione Trame per la loro preziosa vicinanza. Ma allo stesso modo però – ha scandito Cristiano – non posso che manifestare sentimenti di angoscia e delusione. Sentimenti che vivono in noi familiari da quel lontano 1991 e che ci accompagno ogni giorno della nostra vita quotidiana. A tanti anni di distanza i nostri cuori sono sempre più infranti perché non si è fatta luce su quanto accaduto. Sappiamo bene gli sforzi iniziali compiuti dagli investigatori per arrivare alla verità. Ma – ha stigmatizzato- sappiamo altrettanto bene che dopo è mancata la volontà concreta di fare chiarezza, perché molti sono ad oggi gli elementi che non sono stati esplorati e dai quali, a nostro avviso, potrebbero emergere verità importanti e utili agli stessi inquirenti.
Chi in quegli anni stava svolgendo un serio lavoro per cercare di individuare i mandanti e gli esecutori di quella tragedia, purtroppo è stato ucciso anche lui con la sua povera consorte. Parlo del caro maresciallo Aversa e della moglie. Un omicidio che come scrivono alcuni giornalisti seri e coraggiosi, e come si intuisce da quel periodo storico particolare, ha una chiara matrice politico-mafiosa. Noi siamo consapevoli di questo, siamo consapevoli del fatto che ci sono precise responsabilità che devono essere ancora individuate e ci auguriamo che questo possa ancora avvenire. Parlavo di sentimenti di angoscia e delusione, è vero. Però noi non ci arrendiamo e continueremo ad invocare e a ricercare la verità. Un giorno questa terra, questa città dovrà sapere cosa è accaduto quel 24 maggio del 1991 così come il 4 gennaio del 1992. Perché solo la verità potrà lenire in parte il nostro dolore. Lo dobbiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti. È obbligo dello Stato, con i suoi apparati investigativi e giudiziari, fare definitivamente luce e noi in questo confidiamo. Il mio auspicio – ha concluso Cristiano – è che nei prossimi anni si possa continuare a celebrare questo momento conoscendo davvero quanto accaduto in quegli anni per liberare noi familiari e la città tutta, da questo grande peso che continuiamo a portarci dietro”. E infine il messaggio commosso di Stefania Tramonte che ha parlato di “ferita sempre aperta e che la verità su quella tragedia interessa tutti, non solo noi”. La speranza, in conclusione, è riposta in una auspicabile e invocata riapertura delle indagini anche sulla scorta dell’esposto presentato dai familiari di Cristiano e Tramonte.
Antonio Cannone