Lamezia Terme – “Qui ho lasciato il cuore, sono felice ogni volta che ho la possibilità di tornare. Mi auguro che ci si sempre l’entusiasmo e l’impegno non solo dei magistrati e delle Forze dell’ordine ma anche di voi giornalisti che nel corso di questi anni avete seguito, ci avete seguito e avete informato l’opinione pubblica al punto che hanno preso posizione, le persone hanno capito che la magistratura in Calabria si muoveva seriamente, quindi abbiamo avuto tanto consenso e tanto affetto e mi auguro che questo continui”. Così, il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, intervendo a Trame, il Festival dei libri sulle mafia in corso a Lamezia Terme, in occasione della presentazione del suo ultimo libro, “Il grifone” scritto con Antonio Nicaso incentrato su come la tecnologia sta cambiando il volto della ‘ndrangheta. 

Sulle riforme questo il pensiero di Gratteri. “Non sono queste le riforme delle quali abbiamo bisogno per far funzionare il sistema giudiziario e per velocizzare il sistema giudiziario. Non è questo di cui abbiamo bisogno, avremmo bisogno di tutt’altro però l’abbiamo detto tante volte, ripetiamo le stesse cose come un disco rotto e ognuno va per la sua strada”.

Un giudizio sul procuratore Capomolla? “Capomolla – ha risposto Gratteri – io l’ho nominato vicario, questo vuol dire che io l’ho ritenuto, lo ritengo un magistrato di grande rigore, di grande preparazione. È un grande organizzatore, quindi Io gli auguro tutto il bene possibile, il bene del mondo, gli voglio bene perché ha dimostrato di saper lavorare, perché è nato un rapporto e dei sentimenti importanti sul campo di battaglia”.

Gratteri poi, sollecitato dalla giornalista che ha condotto l’incontro, Giovanna Vitale di Repubblica, non si è sottratto alla domanda sull’Autonomia differenziata. “Avevamo bisogno di un’Italia unita, di un’Italia più forte”. Ha evidenziato con forza. “Anzi avevamo bisogno di nazionalizzare la sanità ad esempio. Io non capisco niente, sono un pubblico mistero di campagna. Da quello che sento un po’ in giro, penso che abbiamo bisogno esattamente del contrario. Perché se noi siamo ridotti e facciamo venire i medici dall’Albania, da Cuba, vuol dire che siamo ridotti male. E oggi vorrei capire perché, ad esempio, noi sapevamo da sette, dieci anni che in Italia sarebbero mancati i medici. Ora, perché non c’è un giornalista che va a rintracciare il ministro della Sanità di sette, otto, dieci anni fa e gli fa questa domanda? Scusi, ma lei sette anni fa sapeva che sarebbero mancati nel 2024 l’anestesista e i radiologi? No, oggi ci mancano tutti. Ma sette anni fa sapevamo che… Perché lei ha sbagliato programmazione? Chi gli darà conto? Chi gli chiederà il conto? Perché tutti abbiamo la memoria corta – ha tuonato Gratteri – perché corriamo sul quotidiano, nessuno che fa programmazione, nessuno pensa da qui a 5 anni, da qui a 10 anni di cosa c’è bisogno in tutti i settori, questo è il dramma, questo è quello che sta succedendo”.

Gratteri si è quindi soffermato altresì sul tema del libro, l’uso della tecnologia da parte delle mafie. “Le mafie operano nel dark web. Quando abbiamo iniziato a scrivere il libro a febbraio 2023 – ha rimarcato – ancora non era esplosa così, noi ora stiamo scoprendo come ad esempio dei camorristi sono capaci attraverso un software di entrare nel dark web restando seduti e riescono a comprare, cioè non c’è più bisogno di andare in Colombia, nella foresta amazzonica, a trattare su 2.000 kg di cocaina. Oggi, con un software e un telefono, è possibile comprare 2.000 kg di cocaina. Il politico, il funzionario pubblico e quindi molte volte queste persone che stanno attorno a te hanno un filo conduttore che può essere ad esempio l’uso di cocaina o che può essere ad esempio l’interesse convergente a corrompere e a farsi corrompere.

Noi nel libro stiamo parlando di quello che sta accadendo e che accadrà. È possibile comprare 40 kg di oro – ha evidenziato ancora Gratteri – è possibile comprare il corpo di una persona, è possibile organizzare e commissionare un omicidio. E quindi voi capite che grande salto di qualità è stato fatto dalle mafie che pagano, assoldano un hacker, un ingegnere informatico della pubblica amministrazione lo paghiamo 2.500 euro. Ok? Uno ndranghetista che gli dice, sai che c’è? Vieni a Lamezia ti do 50.000 euro al mese e mi estrai Bitcoin, d’accordo? Non è un esempio così campato in aria, sono fatti concreti. Cioè, noi in Calabria abbiamo, ci sono dei punti della Calabria, dei siti dove si minano moneta elettronica molto più che a Roma o a Milano. Stiamo parlando di paesi 3.000-4.000 abitanti. Quindi sembra una contraddizione, no? C’è ancora quello che va a chiedere 500 euro di mazzetta, allo stesso tempo c’è la persona seduta al tavolo a fianco che è in grado di far arrivare dalla Germania, ma soprattutto dalla Romania, un ingegnere informatico per minare criptovalute o per costruire piattaforme, cioè quello che ancora la politica non ha capito o non vuole capire e quando parliamo di intercettazioni”.

Sulle intercettazioni

E sul tema delle intercettazioni l’ex procuratore di Catanzaro ha ancora una volta puntato il dito contro le scelte del Governo e del ministro Nordio. “Cioè ancora – ha stigmatizzato Gratteri – si continua a insistere che le intercettazioni costano troppo. Ripeto, le intercettazioni costano 170 milioni di euro l’anno, per tutte le procure d’Italia messe assieme i costi sono 170 milioni di euro. In un bilancio, di uno Stato, in un bilancio di un ministero, 170 milioni di euro non sono nulla. Perché si dice che costano troppo 170milioni di euro l’anno? Ma se io a Napoli, se il mio ufficio a Napoli in un giorno, in un solo processo, abbiamo sequestrato criptovalute bitcoin per 280milioni di euro, li abbiamo tramutati in euro e sono entrati il giorno dopo nel Fug, Fondo unico giustizia, vuol dire immediatamente fruibili, il ministero li può spendere il giorno dopo. Allora, se io in un solo giorno ho fatto incassare allo Stato 280 milioni di euro perché si dice il contrario?

All’incontro presente anche Antonio Nicaso in video collegamento. Anche Nicaso ha parlato della tecnologia e dell’uso che ne fanno le organizzazioni criminali. “Se per esempio prima i cosiddetti facilitatori erano figure professionali come gli avvocati, i commercialisti, i politici, gli uomini delle istituzioni, oggi bisogna tenere in considerazione un altro aspetto. Le mafie, e quindi alcuni clan, quelli che sono entrati nel cuore dell’innovazione tecnologica, non possono fare a meno dei pirati informatici, non possono fare a meno degli hacker, non possono fare a meno dei designers, quelli che riescono a modificare la struttura molecolare di una sostanza chimica per poterla importare in modo lecito fin quando quella stessa sostanza non viene sequestrata, analizzata e inserita nella tabella delle sostanze proibite.

Quindi è un mondo in evoluzione che richiede nuovi saperi, nuovi protocolli di indagine, ma è un mondo che noi non dobbiamo guardare con pregiudizio. Perché – ha sottolineato Nicaso – non dobbiamo pensare che le mafie siano quelle che noi abbiamo sempre conosciuto. Le mafie hanno questa capacità di adattarsi alle nuove situazioni, il metamorfismo mafioso è sempre stata una caratteristica delle organizzazioni criminali e purtroppo continuerà ad esserlo”.

Giudizio sul Governo

Infine, Gratteri ha espresso il suo giudizio sull’azione del Governo nel contrasto alla mafia e sulle riforme, esplicitando meglio il suo pensiero. “La mia preoccupazione – ha detto – non sono i processi di mafia. Per me non esiste una graduatoria come si tende invece a fare come se fosse una moda, no? Un cane morde un bambino, per una settimana si fanno portare nei telegiornali o sui giornali i morsi. C’è una violenza di gruppo su una bambina, due bambini, si portano per una settimana tutti, poi non si parla più di queste violenze sulle prime pagine dei giornali, ma a pagina 25, non sulle prime pagine. Quindi – ha spiegato – ci sono queste ondate e poi si interviene sul piano normativo alzando le pene nel massimo di un anno o due anni, cioè in nulla. Cioè il legislatore quando pensa di fare una faccia brutta dicendo dobbiamo innalzare le pene, sbagliando alzano sempre il massimo, dovrebbero alzare il minimo, perché un giudice mediamente non dà mai il massimo della pena, il giudice si tiene mediamente a metà. Ma se tu non alzi il minimo della pena non cambia nulla sul piano sostanziale non cambia nulla, ma non è questo.

A me – ha chiosato Gratteri – le cose che servirebbero come magistrato e come cittadino sono le riforme procedurali, il mezzo, lo strumento per poter lavorare e una ricetta che serva per tutti non esiste, cioè quando si dice noi siamo contro le mafie perché non abbiamo ceduto al 41bis? E perché era in discussione? E perché stiamo ancora a discutere? E perché bisognava discutere? Perché dovevi cedere? In base a cosa è cambiato?”.

Antonio Cannone

Riprese di Bruno Mirante

Lamezia, Gratteri al festival Trame: “Non sono queste le riforme di cui la giustizia ha bisogno”

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