Catanzaro – Droga e cellulari per i detenuti del carcere di Catanzaro. “Nell’ambito dell’inchiesta sono coinvolte diverse figure del comparto penitenziario, si tratta di agenti, comandanti e direttori dell’amministrazione penitenziaria. Siamo in una fase preliminare delle indagini e ciò va ribadito e l’ipotesi che la procura porta avanti nei confronti di questi soggetti è di un compartamento omissivo, ovvero avere l’obbligo di impedire di un evento e non farlo per il codice penale equivale a cagionare il reato”. Ad affermarlo il procuratore capo della Dda, Vincenzo Capomolla, nel corso della conferenza stampa convocata per illustrare i dettagli dell’operazione odierna presso la Procura di Catanzaro. I carabinieri e la polizia penitenziaria hanno, infatti, eseguito 38 misure cautelari nei confronti di altrettante persone, 26 delle quali sono state arrestate. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip distrettuale su richiesta della Dda di Catanzaro. Nell’operazione sono coinvolti agenti della polizia penitenziaria in servizio nel carcere del capoluogo, sette dei quali sono stati sospesi. Agli indagati viene contestata, tra l’altro, l’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione ed al traffico di droga.

Individuate due organizzazioni per smercio droga e mini cellulari 

“Il sistema penitenziario – ha tenuto a ribadire Capomolla – ha comunque al suo interno strumenti per assicurare il rispetto delle regole e questo ci rassicura”. Il procuratore ha parlato di due organizzazioni che farebbero capo ai medesimi soggetti ritenuti indiziariamente, promotori e organizzatori, con il coinvolgimento, sempre sul piano indiziario, di detenuti, loro congiunti, operanti della polizia penitenziaria e anche di un avvocato. Le organizzazioni – è stato riferito nel corso dell’incontro con i giornalisti – erano formate anche da persone non detenute che tenevano sotto controllo parenti e agenti. “Le misure cautelari riguardano soggetti già in detenzione – ha spiegato il procuratore vicario – e operatori polizia penitenziariae funzionari del carcere mentre si è trattato di monitoraggio complesso, condotto da carabinieri dall’esterno del carcere e dal Nucleo investigazione centrale della Polizia penitenziaria, all’interno dell’istituto che «ha fatto emergere le condotte illecite e i riscontri alle nostre investigazioni”. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati dal commissario della polizia penitenziaria Giuseppe Chiappetta, dal comandante provinciale dei carabinieri di Catanzaro Giuseppe Mazzullo e dal comandante del nucleo opertivo Roberto Di Costanzo.

“Abbiamo accertato diverse omissioni di pubblici ufficiali che hanno nascosto condotte illecite e abbiamo ricostruito due distinti sodalizi con attività di distribuzione di droga e di cellulari e di sim card all’interno del carcere”, ha spiegato il commissario Chiappetta. Mazzullo ha parlato dell’importanza dei riscontri esterni al carcere che sono stati raccolti dai carabineri dell compagnia: “Parliamo di due due associazioni sovrapponibili – ha detto – , una dedita allo smercio della droga e una a quello dei cellulari e mini cellulari che veniveno smerciati”. Per Di Costanzo “è stata una indagine difficile che ha richiesto un impegno notevolissimo”. Di Costanzo si è soffermato sul ruolo di “supporto” svolto dai parenti dei detenuti al di fuori delle mura del carcere. Un ruolo fondamentale, secondo quanto emerso, lo avrebbero svolto le donne. Nell’inchiesta è rimasto coinvolto un numero consistente di donne, compagne, mogli e madri. Inoltre, sono state svolte investigazioni su carte prepagate intestate ad alcuni degli indagati. “È emerso su come alcune di queste carte nel giro di 4 mesi siano state registrati movimenti di denaro in ingresso per 35mila euro presumibilmente riconducibile allo spaccio di sostanze stupefacenti all’interno dell’istituto penitenziario, su un’altra carta prepagata movimenti in ingresso di 12mila euro”.

Bruno Mirante

Inchiesta Dda di Catanzaro su spaccio e corruzione: “In carcere droga e telefoni, donne avevano ruolo centrale”

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