Catanzaro – Dalla Turchia alla Grecia fino alle coste italiane di Puglia e Calabria per poi essere accompagnati fino a Ventimiglia, Milano o Treviso, a seconda della destinazione scelta dal migrante che, per raggiungere il nord Europa, arriva a corrispondere all’organizzazione criminale transnazionale somme che si aggirano sui 10 mila euro a persona. Sono queste le tappe della rotta balcanica dei migranti oggetto dell’operazione della Polizia di Stato coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che ha raggiunto 29 soggetti, di nazionalità straniera, fortemente indiziati di appartenere ad una associazione transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al riciclaggio del denaro provento dell’attività illecita.
“Per la prima volta- ha dichiarato il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa convocata per illustrare i dettagli dell’operazione – siamo riusciti a ricostruire le diverse tappe del viaggio dei migranti, dalle destinazioni di partenza come Siria, Iran o altri paesi interessati da conflitti, fino all’arrivo nel paese europeo che sono gli stessi migranti a scegliere dopo aver corrisposto all’organizzazione criminale proventi complessivi di 10 mila euro per migrante”. Per Gratteri si è trattato a tutti gli effetti di “un’indagine di Serie A, completa, fatta con grande sacrificio e pazienza dalla Squadra mobile di Crotone direttamente collegata con le strutture centrali quali lo Sco e la Dac”.
Una menzione speciale è stata rivolta “al sostituto procuratore Paolo Sirleo e alla giovane collega Reale che hanno fatto veramente un lavoro certosino e meticoloso perché sono riusciti a ricostruire il viaggio di questi disperati che scappano dalla guerra – ha continuato Gratteri -, attraversano la Turchia e già lì incominciano a trovare i primi organizzatori dei viaggi che li mandano a Salonicco, in Grecia dove affittano dei velieri che li portano davanti alle coste italiane. Arrivati in Italia c’è un’altra organizzazione ad attenderli che tramite treni e taxi li manda a Milano, Trento o Ventimiglia, a secondo dello stato europeo che i migranti scelgono”.
E ancora: “Ovviamente in ogni step del viaggio – ha proseguito Gratteri – bisogna pagare. L’organizzazione è collegata in rete, infatti abbiamo contestato il reato di associazione a delinquere, perché si tratta di una rete internazionale, sono destinatari di custodia cautelare molti stranieri, molta gente che vive all’estero. Proprio per questo noi eravamo pronti da circa un mese con questa ordinanza e ringraziamo ancora la Polizia di Stato e il Viminale che ha messo a disposizione dei traduttori di tre lingue affinché fosse notificata”. L’indagine dura da diversi anni, non è dunque partita a seguito dei tragici eventi di Cutro. Lo ha chiarito il procuratore rispondendo alle domande dei cronisti. “Non riguarda il singolo episodio – ha affermato – ma noi abbiamo mirato dal punto di vista giudiziario e investigativo a studiare e dimostrare l’esistenza di una rete”.
Lucantonio: “Per la prima volta il Paese dà una risposta giudiziaria su questo tema”
Presente alla conferenza stampa anche il procuratore generale di Catanzaro Giuseppe Lucantonio: ” A Catanzaro – ha affermato – esiste una squadra che lavora in armonia, in rapporti di sincera collaborazione istituzionale e di reciproca stima. Per la prima volta – ha proseguito – il Paese dà una risposta giudiziaria su questo tema. Il lavoro di squadra ha consentito per la prima volta di dare una risposta alle problematiche di queste tristissime vicende dove tutte queste persone sventurate che scappano dalla miseria dalla guerra, vengono sfruttate, trafficate, gestite e maltrattate da queste organizzazioni criminali”.
Messina: “Sette cellule in Italia”
“Sono state individuate sette cellule sull’intero territorio nazionale” ha affermato il direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina. “Oltre alle cellule di partenza individuate tra la Grecia e Turchia. Sostanzialmente il passaggio del migrante da una cellula ad un’altra aveva una sorta di connotato territoriale. E queste connotazioni portavano poi praticamente alle ultime due cellule – dopo quella di Milano – c’era quella di Ventimiglia e Trieste a seconda che il passaggio all’estero riguardasse l’occidente o la Germania. La cellula Triestina aveva in più una peculiarità perché la cassa comune dell’organizzazione era a Trieste”.
E ancora: “Complessivamente il pacchetto completo – ha aggiunto il prefetto Messina – superava i 10mila euro. Si tratta di cifre che venivano corrisposte o attraverso il sistema della banca online o versamenti con i Money transfer i diversi step. Ovvero si pagava in relazione ai singoli contributi delle diverse cellule. Fino a creare un sistema di flussi che è stato monitorato dalla Procura della Repubblica e che attesta anche il riciclaggio perché si tratta sostanzialmente di proventi di attività illecita dissimulati attraverso questi sistemi di versamento”.
Bruno Mirante