Catanzaro – “La misura cautelare ha riguardato una parte di soggetti che non erano stati coinvolti in ‘Reset’, di cui l’operazione odierna denominata ‘Recovery’ è uno sviluppo. Si tratta oggi di un’associazione di stampo mafioso che noi ipotizziamo dedita allo spaccio e con una serie di condotte soprattutto estorsive sul territorio nei confronti di attività commerciali e aziende di Cosenza. L’organizzazione avrebbe avuto il monopolio del traffico di droga nell’area cosentina e la stessa operatività del gruppo era funzionale al controllo del territorio. Il vertice avrebbe autorizzato le forniture di sostanze stupefacenti, il coinvolgimento di minori in fenomeni di spaccio. Il numero delle persone coinvolte dimostra il livello di organizzazione interna”. È il procuratore capo facente funzioni, Vincenzo Capomolla, ad entrare nel dettaglio dell’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro contro il traffico di droga a Cosenza e che oggi ha portato all’esecuzione di oltre 100 misure cautelari: 109 sono stati destinatari di misura della custodia cautelare in carcere, 20 di una misura per gli arresti domiciliari, 12 dell’obbligo di dimora e infine c’è stata una misura interdittiva
Le indagini, che hanno costituito la prosecuzione di quelle portate a termine nell’ambito dell’operazione ”Reset”, si sono sviluppate attraverso attività tecniche, servizi sul territorio, riscontri “sul campo”, con una parallela attività di acquisizione e analisi di dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia oltre all’acquisizione di quanto emerso da altri procedimenti penali.
Duro colpo, dunque, al “sistema” dello spaccio nella città di Cosenza, in particolare alla sua articolazione cosiddetta degli “italiani”. “Ringrazio tutte le forze ordine perché è doveroso evidenziare le convergenze investigative” – ha sottolineato inoltre il procuratore. “Tra i reati – ha spiegato – ci sono le condotte estorsive che hanno continuato a asfissiare commercianti e imprenditori ma anche l’associazione finalizzata al traffico diffuso di droga di qualsiasi tipo. L’organizzazione, infatti, aveva il monopolio nel sistema controllato dagli appartenenti alla ‘ndrangheta”. Un controllo capillare del territorio, che secondo gli inquirenti veniva esercitato con le estorsioni e con il “recupero crediti” per il tramite della violenza nei confronti di chi non pagava lo stupefacente. Mentre i canali di fornitura, “collaudati e consolidati nel tempo, erano legati ai rapporti con i clan del Reggino e il versante tirrenico e jonico”. “Quello scoperto – ha rimarcato Capomolla – era a tutti gli effetti un “mercato totalizzante”, con una clientela diffusa e variegata. Per lo spaccio, inoltre, sono stati sfruttati anche dei minori, forse uno degli aspetti più inquietanti”.
Secondo il Questore di Cosenza, Giuseppe Cannizzaro, è emersa una “situazione di pressione dell’organizzazione su tutto il territorio, per questo c’è molta soddisfazione per il risultato di oggi che è il frutto di una grande sinergia. Guardiamo in prospettiva, non ci fermiamo per dare ancora più fiducia a chi ha visto la risposta dello Stato, affinché possa continuare a rivolgersi a noi”. Secondo Giuseppe Dell’Anna, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza “la città Bruzia dimostra di non essere esente da criminalità organizzata, non è un’isola felice, forse c’è una pressione più defilata ma comunque c’è. Certo, ci siamo anche noi con una sinergia coordinata dalla Procura”. Ha parlato invece di “costante attenzione investigativa” il Comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza Spoto.
Bruno Mirante